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Sant'Alessandro, facciata. Foto di Paola Borro |
Sono sempre stata affascinata dai luoghi capaci di narrare
la propria epoca, la mentalità e gli scopi di chi li ha costruiti. A Milano non
sono molti; ovunque gli edifici scompaiono o si modificano nei secoli, e la
nostra è una città nota per essere in continua evoluzione. Tuttavia esistono:
spazi che, se non proprio cristallizzati nel tempo, restano comunque capaci di
rievocare il mondo che li ha ideati. Lo fanno non per sfumature ma in maniera
chiara, vivida; tanto che basta una semplice visita per sentirsi proiettati, in
qualche modo, in un'altra epoca. Uno di questi luoghi è la chiesa di
sant’Alessandro in Zebedia. Dimenticate le luci e i colori che abbiamo
incontrato parlando di san Maurizio, il tempo che questa chiesa racconta è ben
diverso: sant’Alessandro è insieme luogo e manifesto, un manifesto della Controriforma.
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Interni, foto di Paola Borro |
Vi ho già raccontato di piazza Missori; da lì, percorrendo
quella strada breve e stretta che è via Zebedia(1), troverete uno
degli angoli più graziosi di Milano: piazza sant’Alessandro. Alla vostra
destra, preceduta da un’imponente scalinata, si staglia la monumentale facciata
della chiesa barnabita. La ricca decorazione barocca, l’alta cupola, i due
campanili, non sono che il preludio del mondo in cui state per entrare. Spingendo le porte lignee si aprirà davanti a voi un ambiente spettacolare.
La prima cosa che colpisce entrando è la vastità
dell’edificio, la chiesa è grande, trionfale. La seconda è che la chiesa è
buia. Si tratta di una scelta, nel Seicento non mancavano le conoscenze
architettoniche per inserire ampie vetrate; invece le finestre sono poche,
piccole(2), creano una penombra che rende indefiniti gli spazi sotto
le grandi volte. Poi ci sono le decorazioni, ricchissime. A partire dagli
affreschi che ricoprono pareti e soffitti, in cui l’eccesso decorativo del
Barocco riempie ogni anfratto con le storie dei santi e dei campioni della
fede, protagonisti assoluti dell’arte nella restaurazione. In questo ambiente
enorme e scuro l’effetto è schiacciante. Pulpito e altare appaiono anche più
ricchi, tempestati di pietre dure su tutta la loro mole. È la Chiesa Trionfante che afferma
la propria autorità attraverso la grandiosità delle arti. Il proposito di coinvolgere emotivamente lo spettatore è
evidente. Oltre allo scopo didattico, esplicito negli esempi di virtù che
offrono gli affreschi, non può passare inosservato il tema penitenziale. Non
può proprio, perché uno degli elementi che balzano immediatamente all’occhio
sono i confessionali: in legno scuro e riccamente ornati riescono a imporsi per
dimensioni e numero anche nei vasti spazi della chiesa(3).
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Confessionale, foto di Paola Borro |
Curiosità e leggende
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Pulpito, foto di Paola Borro |
Note
(1) Il motivo per cui la chiesa si chiama sant’Alessandro in
Zebedia è la convinzione che sorga sulle rovine dell’antico carcere di Zebedia,
in cui secondo tradizione sarebbe stato rinchiuso sant’Alessandro.
(2) ulteriormente scurite dai vetri giallo opaco di epoca
successiva.
(3) i confessionali sono 13, incastonati nei pilastri. Quello
davanti al battistero è stato trasformato per esigenze paraliturgiche in una
credenza.
(4) la costruzione inizia nel 1602 e termina nel 1717; la
chiesa viene però aperta al culto nel 1630, anche se incompleta.
(5) Manzoni ambienta in questo periodo i Promessi Sposi, la
peste del 1630 è appunto quella che racconta nel romanzo.
(6) Carlo Borromeo entra a Milano come arcivescovo nel 1565
e muore nel 1584. Gli succede Gaspare Visconti e dopo di lui Federico Borromeo,
arcivescovo dal 1595 al 1631 (anno della sua morte).
Fonti
“La Storia
dell’Arte vol.10 – Il tardo Cinquecento”, ed. Electa – La Biblioteca di
Repubblica, 2006;
“La Storia
dell’Arte vol.11 – Il Barocco”, ed. Electa – La Biblioteca di
Repubblica, 2006;
“Sant’Alessandro in Zebedia a Milano”, Andrea Spiriti, ed.
ISAL, 1999;
“Il novo concorso a
cattedra - Discipline Artistiche nella scuola secondaria”, a cura di C. Abbate,
ed. EdiSES, 2013;
“Storia di Milano”, Alfredo Bosisio, ed. Aldo Martello,
1958.
Copyright
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commerciale – Niente opere derivate)
Vi chiedo solo un piccolo favore, quando scoprirete l'accesso segreto presentato in "curiosità e leggende" non riportate la soluzione nei commenti. Conto sulla vostra discrezione, e per questa ringrazio sinceramente!
RispondiEliminaio lo soooooo!! :-D :-D
Eliminaancora complimenti per gli interessanti articoli!!!
Grazie!!!!
EliminaSe mi chiederanno indizi manderò una certa foto che hai fatto ;-)
Allora, non conosco il segreto del pulpito, perciò non ci sarà il rischio che sveli alcunché.
RispondiEliminaPerò so già che riuscirò ad estorcerlo con uno dei miei dolcetti.
O altrimenti ci provo col sacrestano. O sarà peccato di gola?
Baci Leo
Potendo scegliere preferirei che mi estorcessi il segreto con un dolcetto!
Elimina(e lo preferirai anche tu quando vedrai il sacrestano) ;-)
Ci sono passata davanti tante volte. Faccio spesso quella strada. Ora entrerò e proverò ad individuare l'entrata al pulpito.
RispondiEliminaGrazie Lara.
Poi fammi sapere com'è andata la ricerca, non ho dubbi che ne uscirai vittoriosa!
EliminaEssendo stata studentessa in una scuola Barnabita, conosco bene questa chiesa :) la trovo davvero bellissima. Sono contenta che tu ne abbia parlato!
RispondiEliminaMa dai?! Allora la conoscerai anche meglio di me! :-)
EliminaUn giorno ti racconterò la storia del conte Gorani, uno dei personaggi più misteriosi di Milano, che studiò anche lui dai Barnabiti (a lui però erano capitati i maestri sbagliati)
Anche io mi sono sempre chiesto come si accede al pulpito di Sant'Alessandro in Zebedia e non ho mai trovato la soluzione... potresti dirmela tu per piacere??????? Grazie 👋😘😘😘😘😘😘
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